24 milioni di individui nel mondo sono affetti da demenza, il 70% dei quali dalla malattia di Alzheimer: dall’Italia arriva un ricerca innovativa. Venerdì 25 ottobre 2013, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono stati presentati e discussi i risultati di oltre 10 anni di studi sul ruolo del rame nello sviluppo della malattia di Alzheimer.
I Ricercatori dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca (AFaR) guidati dalla Dott.ssa Rosanna Squitti hanno progressivamente dimostrato che nella demenza di Alzheimer esiste una relazione tra declino cognitivo e livelli di rame “libero” presente nel sangue, ossia quella quota di rame circolante non legato alla proteina che normalmente lo trasporta, la ceruloplasmina (rame Non-Ceruloplasminico). Livelli eccessivi di questo tipo di rame sono tossici e aumentano il rischio di ammalarsi di Malattia di Alzheimer.
Questo tipo di anomalia – se
rilevata per tempo - aiuta anche a meglio identificare quei casi
pre-sintomatici (i cosiddetti Mild Cognitive Impairment = MCI) che hanno un elevato
rischio di sviluppare la malattia nei successivi 5-6 anni. Infatti, nel gruppo
preso in esame e seguito per 6 anni, mentre gli MCI con rame normale avevano circa il 20% di probabilità di
progredire in Alzheimer, in quelli con rame elevato tale probabilità saliva
oltre il 50%.
Il metodo messo a punto
dalla Dott.ssa Squitti era però tipicamente un test di laboratorio, molto utile
per la ricerca, ma poco utilizzabile come test clinico su larga scala.
Di recente, Canox4drug, in
collaborazione con l’AFaR, ha sviluppato C4D,
un test innovativo in grado di misurare la quantità di rame
Non-ceruloplasminico in circolo con rapidità, altissima precisione e
replicabilità. L’iter da seguire è semplice: è sufficiente sottoporsi ad un prelievo
ematico. Il sangue prelevato viene analizzato per mezzo di una sonda
fluorescente, che emette dei segnali; il cambiamento di emissione è
proporzionale alla quantità di rame Non-ceruloplasminico presente nel campione.
Tale test è già pienamente operativo presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, ma sarà presto reso disponibile in molti altri ospedali e centri italiani che si occupano di Alzheimer. L’interesse verso questo nuovo “killer” deriva anche dal fatto che – a differenza di altri fattori di rischio - può essere normalizzato grazie ad un intervento terapeutico che i Ricercatori stanno già mettendo a punto.
Tale test è già pienamente operativo presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, ma sarà presto reso disponibile in molti altri ospedali e centri italiani che si occupano di Alzheimer. L’interesse verso questo nuovo “killer” deriva anche dal fatto che – a differenza di altri fattori di rischio - può essere normalizzato grazie ad un intervento terapeutico che i Ricercatori stanno già mettendo a punto.
La riunione scientifica ha
preso in esame lo stato dell’arte della ricerca per la diagnosi precoce di
Alzheimer grazie ai più moderni mezzi (test neuropsicologici, neuroimaging,
biomarcatori) ed ha discusso il ruolo delle recenti scoperte sul rame anche in
un’ottica di prevenzione e cura.
Alla piena riuscita del convegno
hanno contribuito alcuni tra i migliori ricercatori italiani di “settore” (Paolo
Maria Rossini, Stefano Cappa, Alessandro Padovani, Giovanni Frisoni, Massimo
Gennarelli oltre, ovviamente, a Rosanna Squitti).
A promuovere l’evento è stata la Canox4drug, società italiana di ricerca
nel campo biomedico nata nel 2012, che vanta la collaborazione di esperti con
un’esperienza ventennale nel settore. L’obiettivo degli imprenditori e
professionisti selezionati che ne fanno parte è quello di realizzare strumenti
innovativi per la diagnosi precoce e la cura di malattie neurodegenerative. Tra
queste, la malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza, ad oggi
ritenuta incurabile.
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